Quando un materiale viene identificato come un rifiuto, dovrà essere caratterizzato e classificato con un adeguato codice CER che lo identifichi in maniera univoca.
Se questa è la regola, la pratica molto spesso si concretizza nell’applicazione del ragionamento inverso, e si parte dal presupposto che se un rifiuto è incluso nell’immenso elenco dei codici CER allora esso sia un rifiuto. Così ovviamente non è e mai si deve dimenticare una delle definizioni principali che il D.Lgs 152/2006 ci fornisce per poter identificare un rifiuto. E’ infatti riportato all’art. 183 la seguente definizione:
Rifiuto: “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi.”
E questa è la definizione di produttore del rifiuto, anch’essa importante come definizione ma molto spesso dimenticata o mal interpretata:
Produttore: “Il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura della composizione di detti rifiuti”
Non saranno mai troppe le volte in cui si tenterà di ricordare ai produttori di rifiuti (altra fantastica figura mitologica non bene identificata) che un rifiuto è tale quando risponde alla definizione normativa citata. Nel momento in cui un materiale assume la connotazione di rifiuto, si innescano tutti quei processi, descritti nella parte IV del Testo Unico Ambientale, ai quali bisogna adempiere per una corretta gestione dei rifiuti.
Complimenti per l’articolo, molto chiaro e al tempo stesso professionale. Dam
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Grazie mille, l’obiettivo è proprio quello di dare una valida guida a tutti gli operatori del settore per districarsi nel complicato mondo del settore rifiuti.
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