Indumenti usati, prodotti tessili, frazioni tessili sono rifiuti?
Quante volte ci siamo confrontati con questo dilemma nell’ambito del nostro lavoro? Molto spesso probabilmente. Sorge sempre la domanda se è giusto classificare come rifiuti gli indumenti dismessi che ormai non usiamo più o meno.
E’ ovvio che se c’è la possibilità di procedere ad un loro riutilizzo prima di gettarli è giusto privilegiare questa strada. A tal proposito esistono ONLUS e Caritas sempre disposte ad accettare indumenti dismessi da poter destinare a chi ne ha più bisogno di noi.
Inutile sottolineare che in questi casi gli indumenti devono essere ancora in condizioni tali da poter svolgere il proprio lavoro.
Ma se gli indumenti non sono più validi? Ossia sono lacerati e tali da non poter più essere indossati.
In questo caso si entra nel mondo dei rifiuti, ovviamente urbani se di provenienza urbana o aziendale, per quantità e qualità.
I rifiuti tessili però, nonostante rappresentino una frazione della raccolta differenziata, molto spesso non sono citati o considerati e vengono quindi lasciati in disparte. A risolvere, seppur parzialmente il problema viene in soccorso un documento, stilato in accordo tra il Conau (Consorzio nazionale Abiti Usati) e l’ANCI. Queste linee guida, prodotte dal tavolo tecnico del Protocollo di intesa firmato per l’appunto da Anci e Conau è mirato a sostenere lo sviluppo della raccolta differenziata dei rifiuti tessili e degli abiti usati in Italia. Il documento vuole essere un valido supporto per i Comuni per impostare programmi di raccolta differenziata e di assegnazione del servizio con l’obiettivo finale di massimizzare la raccolta anche di questa frazione della raccolta differenziata.
Si ringrazia per la segnalazione: SistriForum
Il link vi indirizzerà direttamente al testo delle linee guida:
http://www.anci.it/Contenuti/Allegati/20130214_Linee_guida_bando_rev_ANCI.docx